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Intervista al Maestro Giuseppe Paterniti

Giuseppe Paterniti

Ti presentiamo l'intervista al maestro Giuseppe Paterniti. Rispondendo alle domande, illustra il proprio percorso e la propria visione del Tai Chi. In modo chiaro e senza giri di parole spiega, inoltre, quali altre caratteristiche debba avere, oltre alle competenze tecniche, un grande maestro. E qui esterna un accorato avvertimento: "Diffidate dai maestri che giudicano l'operato altrui, che parlano generalizzando e che dettano legge sul "cosa è giusto e cosa è sbagliato". Il vero maestro non ha mai smesso d'imparare. Colui che si sente arrivato è un illuso e un millantatore, una persona pericolosa che mette a repentaglio la libertà psicologica altrui (mentre lui rimane schiavo di se stesso)."
Tai Chi Online ti augura una buona lettura!

INTERVISTA AL MAESTRO GIUSEPPE PATERNITI LUPO (Chén Déláng 陈德狼)

Che cos'è per lei il Tai Chi?

Il Taiji Quan (meglio conosciuto come Tai Chi) è un’arte marziale, una disciplina dello spirito, una filosofia ed uno stile di vita. Si tratta di una metodica che integra corpo, cuore e mente secondo i principi del taoismo e dell’armonia tra lo Yin e lo Yang: le polarità presenti in natura, che si trasformano l’una nell’altra, e che sono alla base delle leggi che regolano l’universo. Il Taiji Quan ti insegna a risolvere il conflitto, sia esso fisico o psicologico/emozionale, rimanendo in una condizione di quiete, radicamento e centratura, che scaturiscono da una forte consapevolezza del momento presente e da un’attenzione priva di sforzo.

Come è iniziato il suo percorso nel mondo del Tai Chi?

Ho iniziato a praticare il Taiji Quan circa venticinque anni fa, perché mi interessava una disciplina che non fosse basata soltanto sulla difesa personale e sull'esercizio fisico, ma che riguardasse anche le profondità dell’essere ed il mistero della vita. Fin dall’età di 15 anni sono stato attratto dalle pratiche meditative e da quello che, al giorno d’oggi, si chiama “Lavoro su di sé”. Avevo compreso che tale tipo di ricerca andava fatta attraverso un profondo lavoro corporeo che comprendesse anche la lotta ed il combattimento, ben cosciente che il corpo insegna alla mente/cuore e che l’unico vero avversario da sconfiggere è se stessi. In passato ho praticato anche Karate Kyokushinkai e Judo; l’incontro con il Taiji Quan, però, è stato a dir poco folgorante! Ne è nato un amore che, come un intenso fuoco, non ha mai smesso di ardere e brillare.


Ad un certo punto del suo percorso ha deciso di diventare insegnante, cosa ha ispirato questa sua scelta?

Avevo due desideri: il primo era quello di dedicare la mia vita al Taiji Quan, studiandolo e praticandolo di continuo nell’arco della quotidianità; il secondo era quello di diffondere a mia volta questa disciplina a beneficio del maggior numero di persone possibile. Ebbene, ho realizzato entrambi i desideri.

Secondo lei, quali sono le caratteristiche e le qualità che contraddistinguono un grande maestro?

Un buon maestro lo si riconosce principalmente attraverso due semplici fattori: il primo riguarda le competenze tecniche, le qualità e le abilità possedute; il secondo, invece, concerne la coerenza tra ciò che l’insegnante trasmette ai suoi studenti e ciò che egli stesso è o fa nel corso della sua vita. Proprio quest’ultimo fattore risulta particolarmente importante al fine di individuare un maestro che si possa veramente definire tale. Non si tratta affatto di ritrovare, in colui che insegna, le caratteristiche tipiche del “santo”, del “buono” o del “puro”, anche perché tali categorie possono spesso essere recitate e celare tutt’altra sostanza. Si tratta invece di riconoscere, nelle normali azioni quotidiane di chi si trova nella posizione di insegnante, i medesimi princìpi cardine che stanno a fondamento dell’arte insegnata. Un maestro, d’altronde, può insegnare soltanto ciò che è egli stesso. In ogni caso, occorre ricordarsi sempre che un maestro non dovrebbe essere altro che un facilitatore, un individuo che, prima dei suoi studenti, ha percorso un determinato sentiero impervio e, conoscendone le peculiari difficoltà, si limita ad accompagnare gli allievi indicando loro la via più consona e meno rischiosa. Sta poi al discente percorrerla con impegno, dedizione e, perché no, con entusiasmo.

Diffidate dai maestri che giudicano l'operato altrui, che parlano generalizzando e che dettano legge sul "cosa è giusto e cosa è sbagliato". Il vero maestro non ha mai smesso d'imparare. Colui che si sente arrivato è un illuso e un millantatore, una persona pericolosa che mette a repentaglio la libertà psicologica altrui (mentre lui rimane schiavo di se stesso). Il processo dell'imparare e del comprendere (che significa “prendere dentro di sé”) non ha mai fine e non può essere limitato da alcun dogma, credenza o ideale. Il vero maestro vola alto come un'aquila e non lascia tracce. "Volare alto" non significa essere superiori: chi si sente superiore è soggetto ad ogni sorta di autoinganno. "Volare alto" significa essere al di sopra delle parti, includere piuttosto che escludere, accogliere piuttosto che allontanare, unire piuttosto che dividere. Mentre "non lasciare tracce" significa non condizionare, non suggestionare, non trattenere, non bramare, non manipolare, non sfruttare...

Il vero maestro non lascia tracce da seguire, non pone binari che portano a destinazioni predefinite e non delinea percorsi segnati. Non crea dipendenza e non dà assuefazione, ti rende libero da te stesso, così come dalla sua stessa autorità ed influenza. Il vero maestro non esiste di per sé: è un nulla che riconosce il nulla come unica verità... ma questa è un'altra storia...


Potrebbe citare tre elementi chiave per essere un buon praticante di Tai Chi?

Presenza, attenzione ed ascolto (di sé, dell’altro e dell’ambiente).

Si tratta di tre elementi chiave che si attivano a vicenda e procedono di pari passo: l’uno non può emergere senza l’altro.

La presenza ci salva la vita, anzi, ci restituisce la vita. L’unica vita reale è nel momento presente. Essere, d’altronde, significa essere presente: quando non si è presenti a se stessi, non si è. Non si è vivi per il solo fatto di respirare. Solo quando si penetra la dimensione dell’Adesso ci si può considerare vivi. Il vero uomo è “qui ed ora”. La pratica del Taiji esige questo “stato d‘essere”.

L’attenzione, quella vera, è davvero rara. Infatti quando normalmente si rivolge l’attenzione a qualcosa che accade all’esterno di noi, di norma si viene totalmente assorbiti da ciò che è posto fuori di sé. Questo significa, in un certo senso, dimenticarsi di se stessi. Mediante l’attenzione “autentica”, invece, si osserva contemporaneamente quello che succede fuori di noi e ciò che si muove al nostro interno. In questo modo il proprio “esserci” rimane preservato ed attivo. Si tratta di una condizione di profonda consapevolezza, dove l’interno e l’esterno si riuniscono oltre l’illusoria separazione delle parti. Il Tui Shou andrebbe eseguito con tale speciale attenzione.

L’ascolto scaturisce naturalmente dall’attenzione e dalla presenza ed è quella qualità che ci permette di imparare senza accumulare concetti o nozioni. Si tratta di un apprendere sempre nuovo che non comporta il limite condizionante della conoscenza teorica ed intellettuale. In ambito marziale l’ascolto equivale alla capacità di aderire all’avversario e di leggerne ed interpretarne le intenzioni.

Quando la presenza, l’attenzione e l’ascolto sono attivi e stabili, allora l’energia dell’intenzione può sgorgare liberamente dal cuore per guidare e condurre ogni nostra azione.

Aggiungerei altri tre elementi fondamentali…

Sincerità: il Taiji Quan può anche essere “imitato” e quindi vissuto con superficialità. “Fare” è un cosa, ma “Essere” è tutt’altra cosa!

Umiltà: mai smettere di imparare e di mettersi in gioco! Anche il migliore dei maestri deve rimanere un eterno allievo.

Costanza (e determinazione): solo la pratica continuativa e determinata è in grado di donare frutti maturi e duraturi.

Che ruolo hanno gli aspetti marziali nei suoi corsi?

Il Taiji Quan è un’arte marziale, non credo che sia possibile beneficiare appieno di questa disciplina qualora si escludessero gli aspetti inerenti al combattimento. Per questo nei miei corsi si pratica anche lo studio del combattimento tradizionale (secondo i principi del Taiji Quan) e la nostra scuola possiede una squadra agonistica che gareggia nei diversi circuiti di combattimento sportivo. Anche coloro che volessero ricavare dalla pratica del Taiji Quan soltanto i benefici sul piano della salute e del benessere psicofisico non possono e non devono ignorare gli aspetti marziali di quest’arte. Lo “star bene”, infatti, richiede fondamentalmente la capacità di neutralizzare i conflitti presenti dentro di sé. Quale miglior metodo per acquisire tale capacità se non il lavoro in coppia offerto dalla pratica del Taiji Quan?!

Pure chi voglia intraprendere un serio percorso volto all’autorealizzazione non può prescindere dalla comprensione profonda del conflitto. Grazie al cielo in quest’epoca “moderna” non dobbiamo preoccuparci oltremodo della nostra incolumità fisica (anche se sapersi difendere è importante) e non dobbiamo combattere per le strade della nostra città! Nonostante ciò, però, ogni giorno ci troviamo di fronte ad innumerevoli situazioni conflittuali sul piano psicologico (nelle relazioni in generale ma anche, soprattutto, con noi stessi). Saper riconoscere la radice del conflitto e, nel contempo, risolverlo aderendo ai principi del Taiji (e quindi in piena armonia) significa saper vivere serenamente e liberi da continue lacerazioni interne.

Ovviamente lo studio degli aspetti marziali va adattato alle diverse tipologie di praticanti, in base all’età e alle possibilità fisiche del singolo studente.

Che consigli darebbe a chi si avvicina per la prima volta al Tai Chi?

Consiglierei di lasciarsi andare al “nuovo”, senza pregiudizi o aspettative. Direi loro di coltivare tanta pazienza per i primi tempi: inizialmente, per i primi due anni circa, non si può dire che si stia già praticando Taiji Quan, ma ci si sta semplicemente preparando a cominciare adeguatamente la pratica. All’inizio, infatti, si sta impiegando il proprio tempo per costruire uno strumento o un mezzo che solo in seguito potrà essere utilizzato consapevolmente a beneficio della totalità del proprio essere. Consiglierei, nello stesso tempo, di dubitare sempre di ciò che si impara o si apprende: il dubbio ci salva spesso da condizionamenti esterni o interni e da influenze limitanti o fuorvianti.


E cosa consiglierebbe agli allievi che praticano il Tai Chi da dieci anni?

Consiglierei di guardarsi sempre intorno, di non smettere di essere curiosi, di non fossilizzarsi nella propria pratica o nella propria scuola. Consiglierei di cercare sempre momenti di confronto e condivisione, anche al di fuori della propria cerchia. Consiglierei, inoltre, di imparare ad apprezzare le differenze e le interpretazioni, al di là di ogni sorta di giudizio o convinzione.


Il Tai Chi è solo tradizione o può essere anche innovazione?

La tradizione senza innovazione è una “cosa morta”. Ma attenzione: innovazione non significa che ognuno può prendersi la briga di re-inventare stili o discipline, oppure creare nuovi sistemi! L’innovazione è un processo evolutivo naturale che avviene grazie alle più profonde esperienze di pratica e ai contributi di chi, comunque, rimane fedele ai princìpi tradizionali. Una tradizione realmente “viva” è nel contempo innovativa, perché nonostante provenga dal passato si esprime nel presente e si alimenta del “sempre nuovo”.


C'è una testimonianza di un suo allievo, che lei ricorda in modo particolare, in cui le sono stati raccontati dei benefici derivanti dalla pratica del Tai Chi?

Sono davvero tanti gli allievi che mi hanno riferito di come la pratica del Taiji Quan abbia apportato loro tanti benefici e “cose belle”. C’è chi è guarito dall’asma, chi ha risolto seri problemi posturali, chi ha superato la bassa autostima, chi ha trovato il compagno/a, chi ha rivoluzionato la propria vita… Poi ci sono gli ex bambini (la nostra scuola prevede corsi di Taiji Quan anche per i più piccoli) che sono cresciuti e diventati uomini (e donne) forti, equilibrati e capaci di andare incontro alla vita con profonda sensibilità ed entusiasmo. Anch’io, d’altronde, potrei raccontare la mia testimonianza: prima di incontrare il Taiji Quan ho vissuto dei periodi in cui sembrava che io non possedessi il sistema immunitario! All’epoca ho provato di tutto ed ho consultato immunologi ed esperti di ogni tipo… Ma nulla da fare! In seguito, quando il Taiji Quan è diventato il mio “centro di gravità permanete”, le mie difese immunitarie hanno cominciato a funzionare come Bruce Lee in “Dalla Cina con furore”!


Si dice che anche i maestri imparano dagli allievi, a lei è capitato di imparare qualcosa di importante dai suoi allievi?

Io imparo sempre dai miei allievi. Tutto ciò che so, che conosco e che pratico lo devo anche all’interazione che avviene continuamente tra me e i miei studenti. L’insegnamento ti “costringe” a prendere maggiore coscienza di quello che si sta facendo. Per trasmettere devi necessariamente conoscere, comprendere ed essere ciò che si sta insegnando.


Ha mai scritto dei libri?

Diversi anni fa ho scritto un libro sulla pratica del Reiki Tradizionale Giapponese (nulla a che vedere con la pratica occidentale e new age!). Adesso è in preparazione un libro sul Qi Gong inteso come via alchemica di trasmutazione interiore. Il titolo dovrebbe essere: “Il Cammino del Guerriero - Qigong per la liberazione della coscienza e lo sviluppo dell’intenzione”. Sarà corredato da foto esplicative e da video dimostrativi. Ho inoltre realizzato dei Video Didattici disponibili su Tai Chi Online. I video trattano la Forma 21 Chen e il Matterello Tai Chi.

La pratica del Tai Chi abbinata ad altre discipline salutistiche può generare delle utili sinergie?

Il Taiji Quan contiene un messaggio profondo ed importante presente anche in altre discipline o metodiche. Pertanto può essere utile approfondire anche altre arti, che condividono i medesimi principi, per meglio comprendere ed integrare le fondamenta di quest’arte marziale. Io pratico ed insegno tante cose. La scuola che dirigo offre percorsi olistici diversificati: Qi Gong, discipline bioenergetiche (fra le quali il Reiki Tradizionale ed il Wai Qi Liao Fa), Medicina Tradizionale Cinese, Naturopatia Orientale e, soprattutto, Laboratori per la Rivoluzione Interiore e la Liberazione della Coscienza (TaoLab).

Anche se a prima vista le diverse discipline proposte dalla nostra Associazione possono apparire tante e differenti tra loro, ad uno sguardo più attento ed oggettivo potrà rivelarsi una linea comune che attraversa le molte sfaccettature di un’unica conoscenza universale.

Nel 2016 lei è stato invitato a Tokyo per rappresentare l’Italia al “World Qi Gong Forum”: vuole dirci qualcosa rispetto a questa importante esperienza?

Sì, dal 23 al 25 Settembre 2016, presso il Villaggio Olimpico di Tokyo, si è svolto il Forum Mondiale sul Qi Gong. Ho avuto l’onore di ricevere questo importante invito e di presenziare all’evento conducendo una conferenza, un seminario e delle dimostrazioni. Così, accompagnato da un gruppetto di allievi, ho raggiunto la terra del sol levante per portare il mio contributo al congresso che ha radunato i maggiori esperti mondiali di arti d’oriente. E’ stato un vero successo: sia la conferenza (tradotta in diverse lingue), avente come tema il risveglio della coscienza e lo sviluppo dell’intenzione, sia le dimostrazioni, hanno destato grande interesse e fervido apprezzamento da parte dei congressisti provenienti da ogni parte del mondo. Il pieno consenso nei miei confronti è stato tale da farmi guadagnare ulteriori inviti all’estero nell’ambito di altri importantissimi eventi internazionali. Mi è stato chiesto, inoltre, di condurre una serie di lezioni in Cina, a Macao, per insegnare il mio particolare modo di praticare il Qi Gong ed il Taiji Quan stile Chen. La cosa fa alquanto sorridere: immaginate se qualcuno chiedesse ad un cinese di venire in Italia per insegnare l’arte della pizza napoletana… sarebbe un vero paradosso… Eppure…!!!

Può farci un esempio in cui il Tai Chi le è stato utile nella vita quotidiana?

Il Taiji Quan mi ha salvato la vita. E’ la mia stessa vita. Non c’è un esempio o un episodio da raccontare, sarebbe troppo riduttivo o limitante. Posso solo dire che se non avessi incontrato il Taiji Quan, probabilmente sarei stato un infelice, continuamente in cerca di chissà quale disciplina o metodo per rimediare al sonno della coscienza, all’apatia e all’inconsapevolezza.

Di recente lei è ufficialmente entrato a far parte della famiglia Chen divenendo rappresentante del Tai Chi di dodicesima generazione. Vuole dirci qualcosa al riguardo?

In qualità di insegnante e responsabile di una scuola, ho percepito dentro di me la sempre più crescente necessità di connettermi alla fonte originaria (e vivente) del Taiji Quan. Desideravo creare per i miei allievi una sorta di ponte capace di unire concretamente la nostra pratica alle radici poste dai maestri che hanno inventato l’arte. Così, dopo un lungo periodo di “prova” (fatto di incontri, di pratica e di conoscenza reciproca), sono stato accettato nella famiglia Chen divenendo discepolo interno del Gran Maestro Chen Zhenglei. La famiglia, che mi ha accolto con grande affetto, mi ha conferito un nuovo nome cinese: Chén Déláng 陈德狼 (Déláng significa qualcosa come “Lupo Virtuoso”).

Il G.M. Chen Zhenglei è un tesoro inestimabile, non soltanto perché è uno dei “Quattro Guerrieri di Buddha” o perché è riconosciuto come uno dei dieci maestri viventi di Wushu più importanti dell’intera Cina: se non ci fosse stato lui (con i suoi cugini) non saremmo qui a parlare di Taiji Quan! Il suo modo di intendere la pratica dell’arte coincide perfettamente con la mia visione e con la mia esperienza. Adesso da lui ricevo ufficialmente l’insegnamento originario e, a mia volta, contribuisco a diffonderlo con gratitudine, responsabilità ed onestà.
Dal 2019 sono Presidente della Chen Zhenglei Taijiquan Federation Italy, la succursale italiana dell'Organizzazione Mondiale guidata dal Gran Maestro. Attraverso questa nuova realtà diffonderemo in Italia l'autentico Taijiquan di Chenjiagou del lignaggio Chen Zhenglei.

Quindi lei va spesso in Cina?

Appena posso ci vado, solitamente nel periodo estivo. Mi piace accompagnare i miei allievi nei luoghi storici del Taiji Quan e del Qi Gong e, soprattutto, adoro studiare e praticare nella terra dove sono nati il Wushu ed il Taoismo. Negli ultimi otto mesi ci sono stato già due volte. Ci tornerò a fine Luglio.

Lei ha partecipato agli ultimi Campionati del Mondo di Kung Fu Tradizionale, svoltisi in Cina dal 7 al 11 Novembre 2017, dove ha conseguito ben due Medaglie, facendo così salire l'Italia sul prestigioso podio. Può raccontarci qualcosa in proposito? E’ stato difficile raggiungere il podio?

E’ stato un vero piacere rappresentare l’Italia alla settima edizione del Campionato del Mondo di Wushu Tradizionale (IWuF) disputatosi ad Emeishan nella provincia del Sichuan. Sono riuscito a guadagnarmi un Argento nella categoria mista delle “armi doppie” (specialità doppia sciabola), classificandomi secondo dopo la Russia, ed un Bronzo a mani nude nel Taiji Quan stile Chen Tradizionale, ottenendo il terzo posto dopo la Cina e il Giappone. E' stato molto impegnativo. Arrivare a competere con gli atleti più bravi del mondo richiede molta preparazione, conseguita con allenamenti intensi e giornalieri, ed ovviamente bisogna aver precedentemente superato le diverse selezioni che portano alle convocazioni in Nazionale. Alla competizione hanno partecipato 56 nazioni per un totale di oltre 3.800 atleti. Tenendo conto di tali cifre, quindi, è andata davvero bene! La Nazionale Italiana, di cui ho fatto parte, ha partecipato con un team di 21 atleti ed ha conquistato un totale di 32 medaglie.

Lei aveva già partecipato ai Campionati Mondiali di Kung Fu?

Sì, già nel 2004 avevo disputato i Mondiali tenutisi negli Stati Uniti, ad Orlando (Florida), ottenendo due Ori ed un Bronzo, e poi a Roma nel 2014, dove ho conseguito il Primo Posto nell’unica specialità da me presentata.

Rivolgendo un invito al lettore di questa intervista, come proseguirebbe questa frase? "Ti consiglio di praticare Tai Chi perchè..."

…perché questa disciplina, oltre a favorire la salute, la forza ed il benessere psicofisico, è in grado di ravvivare la coscienza e la consapevolezza dell’individuo e di donare, così, una diversa qualità della vita.

MAESTRO GIUSEPPE PATERNITI LUPO (Chén Déláng 陈德狼)

Presidente della CHEN ZHENGLEI TAIJIQUAN FEDERATION ITALY
Direttore Tecnico della Scuola di Tradizionali Arti Orentali STONE TEMPLE TAO - AMHA (TREVISO)

Corsi per Amatori e Formazione Professionale per Insegnanti

Sito Web: www.stonetempletao.it www.chenzhenglei.it

Email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

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Video didattici: https://www.taichionline.it/autori/insegnante/giuseppe-paterniti.html
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Roberto Rizzi"Tai Chi Online oramai è il punto di riferimento in Italia per noi praticanti di Tai Chi Chuan. Tante informazioni su corsi e seminari, video servizi gratuiti. Se non ci fosse già bisognerebbe farlo ;-)" Roberto Rizzi 5 stelle